giovedì 11 agosto 2022

Nemesi - Philip Roth

Dico spesso che voglio tenermi sempre un libro di Philip Roth da leggere. Nemesi però non sapevo se l'avrei letto prima o poi, perché l'argomento, l'epidemia di poliomielite, non è semplice da affrontare e pensavo che forse non l'avrei finito. Invece, una volta iniziato, non mi sarei mai staccata dalle pagine di un romanzo che si legge velocemente, nonostante fin dall'inizio si conosca la tragedia finale («Il primo caso di polio  quell'estate apparve all'inizio di giugno, subito dopo il Memorial Day...»).

Il protagonista, Bucky Cantor, animatore del campo estivo, è un ragazzo atletico, che ama lo sport e i ragazzi a cui insegna, figlio di un ladro, cresciuto dai nonni, segue i buoni principi e i doveri morali che gli sono stati insegnati («Le tre D. Determinazione, dedizione, e disciplina e praticamente è fatta»). Ma dal padre ha ereditato un difetto alla vista che gli rende impossibile arruolarsi insieme ai suoi migliori amici. È nella sua città che si troverà invece a combattere un'altra, imprevista guerra, contro una malattia che colpisce soprattutto gli adolescenti. 

Un romanzo scritto nel 2011, che parla del passato ma anche del nostro presente: la chiusura dei luoghi di ritrovo dei ragazzi, l'ossessione per l'igiene, la ricerca degli untori.

Bucky Cantor è un ragazzo buono, ha davanti un futuro luminoso, ma la sua storia scivola velocemente nella tragedia. 

«Deve trasformare la tragedia in colpa. Deve trovare un motivo per quello che succede. C'è un'epidemia e lui ha bisogno di una ragione. Deve chiedere perché. Perché? Perché?»

Eppure c'è un ricordo, che resta eterno e vivo, quando Bucky Cantor aveva ventitré anni e i ragazzi lo guardavano mentre lanciava il giavellotto:

«Correva con il giavellotto in alto, allungava il braccio indietro rispetto al corpo, lo portava in  avanti per lanciarlo alto oltre la spalla - e  poi lo lasciava come un'esplosione - ci sembrava invincibile.»



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