domenica 18 aprile 2010

Vent'anni di troppo

"I quarant'anni sono i nuovi venti!" ha declamato un mio amico con un sorriso, sollevando il bicchiere in un brindisi.
Ho ripensato perplessa a questa frase, su cui non riesco ad essere d'accordo: i quarant'anni sono quarant'anni e basta, i venti sono stati tutt'altra cosa, anche se il tempo è passato così in fretta che quasi non ce ne siamo accorti. Ma in fondo, di cosa avremmo dovuto accorgerci? Avere quarant'anni non è poi così terribile, anzi, per certi versi è anche meglio. Non è detto per esempio che a vent'anni fossimo particolarmente felici (io stavo vivendo proprio uno dei miei periodi più tristi). Di solito a quarant'anni si è più tranquilli, più stabili, più padroni di se stessi e delle proprie decisioni, oltre al fatto che non si è ancora invecchiati abbastanza da rimpiangere l'aspetto fisico che avevamo a vent'anni. Al contrario, forse abbiamo imparato a vestirci, a truccarci, a pettinarci meglio di quanto non facessimo a vent'anni.
E allora cosa rimpiangiamo dei nostri vent'anni? Perché ci ripensiamo sempre con una fitta di nostalgia, perché ci fa rabbia non poter tornare indietro?
Perché a vent'anni avevamo dentro di noi infinite possibilità di vivere un'infinità di vite diverse, ma il problema è che a vent'anni non lo sapevamo. E per quanto oggi possiamo essere felici delle nostre vite, dentro di noi, in qualche modo, rimpiangiamo sempre quella decisione che avremmo potuto prendere e che non abbiamo preso. O forse non rimpiangiamo poi tanto quella decisione ma semplicemente il fatto di non poterla più prendere, di non poter più scegliere. A vent'anni hai la vita davanti, puoi sceglierla e cambiarla come vuoi. A quarant'anni è troppo tardi, certe scelte, di solito le più importanti, sono già state fatte e non si possono più cambiare.
La prima volta che mi sono sentita vecchia è stato quattro anni fa, il pomeriggio della finale dei mondiali, mentre osservavo i preparativi per i festeggiamenti. "E se non vinciamo, cosa faranno di tutti questi preparativi?" mi chiesi. All'improvviso mi ricordai dei mondiali dell'82, quel pomeriggio lontanissimo in cui mia madre si era posta la stessa domanda e poi aveva sollevato le spalle: "Beh, festeggeranno di esser arrivati secondi," aveva detto.
Sorrisi nel ripensare a quella sua conclusione e all'improvviso realizzai che mia madre, nell'82, aveva esattamente la mia età di quel giorno: trentasei anni. Soltanto che lei aveva già una figlia di dodici.
A vent'anni non volevo figli, ne ero convinta quando lo dicevo e lo pensavo, era una mia scelta libera, in quanto, se avessi deciso di cambiare idea, avrei potuto tranquillamente farlo. A trent'anni ero così convinta che non cambiai idea. A quarant'anni però non è più una scelta, a quarant'anni è la conseguenza di quello che si è scelto in precedenza e cambiare idea non è più possibile.
Il giorno della finale dei mondiali di quattro anni fa mi resi conto di questo: non è vero che l'età è quella che ci si sente: l'età è quella che abbiamo, tutta intera, con le scelte che abbiamo fatto quando pensavamo che non avremmo mai avuto quarant'anni, perché mancava ancora così tanto tempo. Ma forse non è andata poi così male, non è detto che il fatto di non poter tornare indietro sia così terribile...