mercoledì 15 maggio 2019

La confusione morale - Lodovico Festa

Mi sono chiesta parecchie volte, mentre leggevo questo libro, cosa mi spinga ogni tanto ad acquistare i gialli italiani di Sellerio, che, per molti motivi, non sono il mio genere.
Oltre al fatto che i libri Sellerio, con le loro copertine blu, mi piacciono e sono comodi da infilare nella borsa, c'è sicuramente, nel caso di "La confusione morale", come nei romanzi di Robecchi, il piacere di ritrovare la mia città, i miei luoghi. In questo caso poi, visto che la vicenda si svolge nel 1984, c'era anche la voglia di un salto nel passato, in un mondo scomparso, in cui internet non era nemmeno una vaga fantasia.
In realtà il salto nel passato non è stato proprio come me l'aspettavo, perché il romanzo mi ha trasportato in una dimensione che non ho mai conosciuto. Nel novembre del 1984 avevo infatti appena iniziato il liceo e una distinzione delle persone sulla base dell'estrazione borghese o operaia era quanto di più lontano si possa immaginare. Al massimo ricordo il giornale radio che, dall'automobile di mio padre, nominava Lama Marini Benvenuto "come un sol uomo". I personaggi del romanzo sono tanti, forse un po' troppi e di poco spessore, così si finisce un po' per confonderli. È divertente però riconoscere, sotto mentite spoglie, il sindaco di allora e altri personaggi che movimentavano le cronache dell'epoca. Qualcuno lo fa ancora oggi. Un po' meno divertente è invece ritrovare i luoghi con i nomi storpiati, così Gattullo diventa Mattullo, il Sant Ambroeus il Sant Federigh, fino a trasformare il Bar Basso in Bar Nano. Questo ha tolto ulteriormente la poesia al salto indietro nel tempo. Fortuna che la Hoepli è rimasta la Hoepli. 
All'inizio il romanzo mi ha quindi un po' annoiato, colpa anche di un protagonista, Mario Cavenaghi, incolore come il suo nome, che sembra animarsi solo entrando in un bel ristorante e gustando un buon piatto. Niente di paragonabile insomma al brillante e malinconico Carlo Monterossi creato da Robecchi. Il libro però è scritto bene e lentamente anche il protagonista si è reso simpatico, facendomi venire voglia di proseguire con la lettura e di arrivare alla fine, per scoprire un mondo che anticipa il nostro e che getta i semi di quell'ansia di distinguere tra buoni e cattivi, tra onesti e disonesti, che fa perdere di vista la realtà delle cose. 

sabato 4 maggio 2019

Una boccata d'aria - George Orwell

George Bowling aveva dei progetti, ma era molto tempo fa, quando viveva a Lower Binfield. Erano sogni semplici, nati in un mondo in cui era sempre estate, aveva una ragazza che si chiamava Elsie e pescare era la sua occupazione preferita. Poi la guerra ha cancellato quel mondo, ha distrutto i suoi sogni, la vita è andata avanti. Così George si ritrova a quarantacinque anni con la dentiera, parecchi chili di troppo, due figli e una moglie che si chiama Hilda, una che "riesce sempre a dire qualcosa di deprimente nel momento in cui metti piede in casa". George abita in Ellesmere Road, una strada di periferia come tante, con case identiche una all'altra. "Tanto per cominciare, i nove decimi degli abitanti di Ellesmere Road sono convinti di possedere le loro case. Ellesmere Road, e tutto il quartiere che la circonda, fino a High Street, è parte di un grande racket chiamato Hesperides Estate, di proprietà della Cheerful Credit Building Society". Nel giorno in cui riceve la sua nuova dentiera e il rombo di un aereo echeggia nel cielo, George sente il bisogno di una boccata d'aria, di liberarsi di tutto quello che è diventata la sua vita e di tornare indietro, al mondo in cui è stato ragazzo, a Lower Binfield, e di pescare finalmente quel grosso pesce che ha visto un giorno nella cava.
Da molto tempo non leggevo Orwell, questo libro mi è capitato in mano per caso, mentre giravo in una libreria di Londra. È stato un po' come ritrovare un amico e stupirmi di continuo per l'ironia acuta che percorre le pagine, per lo sguardo lucido e disincantato con cui guarda una società sulla quale sta per incombere un'altra guerra. È un libro amaro ("Gli uomini grassi di quarantacinque anni non possono andare a pescare"), pieno di nostalgia e di rimpianti, pervaso dalla consapevolezza che tutto sta per succedere di nuovo. Eppure rimane lieve e leggero, non tocca mai la tragedia. "Perché ero corso via così? Perché mi ero preoccupato del futuro e del passato, per poi scoprire che il futuro e il passato non contano?"
E alla fine resta solo una domanda: ma che grande scrittore è stato Orwell?