venerdì 31 luglio 2020

Berlino Est 2.0 - Federico Cenci

Appunti tra distopia e realtà

Non è stato facile trovare questo libretto (appena 90 pagine), perché pare che la casa editrice Eclettica non distribuisca i suoi libri nelle librerie, ma che li venda solo tramite i siti internet di quelle stesse librerie. 
Nel prologo l'autore spiega che si tratta di un tributo ai grandi scrittori di distopie, senza nessuna pretesa di avvicinarsi a loro. Il romanzo è composto dagli appunti di un protagonista di cui non si sa nulla, appunti che sono istantanee di una città sulla quale incombe un cielo plumbeo anche quando c'è il sole, perché è pesante l'aria che si respira nelle sue strade. Un'aria che gli abitanti possono respirare solo per un periodo di tempo limitato ogni giorno e limitati sono anche i loro spostamenti: 300 metri al massimo e solo per raggiungere la più vicina farmacia o il più vicino supermercato. Una volta raggiunti questi negozi, i berlinesi si dispongono lungo una fila ordinata, facendo attenzione a mantenere il distanziamento fisico, a evitare ogni contatto tra di loro. Per le strade ci sono vigilanti e droni, ma anche dai balconi spuntano occhi pronti a denunciare la minima inosservanza delle regole. Uno dei reati più gravi è l'apologia del passato, il ricordo e la nostalgia di un mondo in cui erano liberi. Questi personaggi sono le ombre sbiadite delle persone che sono stati, la cosa più importante di cui sono stati privati è la possibilità di essere loro stessi.
Non è un capolavoro questo romanzo, scritto con uno stile anonimo e impersonale, che si adatta all'atmosfera che lo avvolge, ma ha il pregio di proporre una riflessione sull'equilibrio tra libertà e sicurezza, tra stato e cittadini e sulla follia generata dal terrore. 

domenica 26 luglio 2020

Il colibrì - Sandro Veronesi

L'ho comprato più che altro per curiosità, dopo aver letto una serie di recensioni e commenti contrastanti. "Caos calmo" mi era piaciuto così cosi, però ci avevo trovato dei luoghi che amo e mi aveva fatto piacere trovarceli. Qui ho trovato Bolgheri, ma ad un certo punto, quando la lettura era già abbastanza inoltrata, ho scoperto che non era proprio Bolgheri, era il Renaione, che nemmeno conosco. Questo romanzo è stato un po' così: una serie di promesse non mantenute.
Avevo letto che è un romanzo borghese, in realtà però è il romanzo di un borghese a cui i borghesi non piacciono e li riduce ad un elenco di oggetti che tengono insieme i genitori del protagonista, una coppia che forse si è amata in un tempo lontano, ma che passa il resto della vita a detestarsi, a litigare sottovoce, senza trovare il modo di lasciarsi. Una coppia che si contrappone a Marco, il protagonista, e Luisa, che si amano da sempre ma non stanno mai insieme, infatti, quando potrebbero, decidono di fare un voto di castità di cui non si capisce in nessun modo il senso. Marco è uno dei personaggi più irritanti, un uomo buono fino alla stupidità più estrema, con una famiglia segnata da una grande disgrazia, si porta dietro una certa difficoltà ad instaurare relazioni con le persone che lo circondano, a partire dall'amico dell'adolescenza per arrivare alla moglie. Bisogna aggiungere che i personaggi che lo circondano sono tutti abbastanza improbabili e stereotipati e che chiunque avrebbe difficoltà a relazionarsi con loro. Marco però è uno che riesce a chiudere un'email con «Abbraccio lo schermo» e già qui si rischia di chiudere il libro e di non riaprirlo.
L'unica persona con cui Marco riesce ad avere il rapporto più forte e profondo è l'amatissima nipote, l'ultimo essere umano che gli resta accanto. Una nipote che gli viene annunciata come l'uomo nuovo e poi - sorpresa - l'uomo nuovo è una donna. «Fisicamente, fioriva giorno dopo giorno di una bellezza inaudita, concepita fin lì soltanto per gli avatar dei videogiochi: più alta della sua età, slanciata, i capelli ricci e morbidissimi, la pelle marrone scuro, gli occhi a mandorla di un azzurro simile a quello del fondo di una piscina - pare davvero assemblata scegliendo tra le opzioni di un menu.» La nipote è quindi un personaggio ancora più improbabile degli altri, quella che ispira una dissertazione sulla battaglia tra verità e libertà che ruba la scena a quello che a me è sembrato l'unico tema davvero interessante del libro, l'interruzione volontaria della vita in presenza di una malattia incurabile. Ma il romanzo non parla di questo, è solo un tema sfiorato per altri scopi.
Non so quali siano i criteri per cui un libro arrivi a vincere lo Strega, contrariamente all'opinione comune, però, io ho apprezzato moltissimo alcuni libri che l'hanno vinto, soprattutto "Le menzogne della notte", ma anche "Vita" e uno dei più discussi, "La ferocia". Non riesco ad accostare a nessuno di questi "Il colibrì", né per l'incisività dei personaggi, né per l'originalità della trama o per il modo in cui viene raccontata. È una trama che si svolge infatti attraverso una serie di episodi raccontati alla rinfusa, senza un ordine cronologico ma senza nemmeno seguire il flusso di coscienza del protagonista. Il narratore resta infatti fortemente presente, a tratti uscendo prepotentemente allo scoperto, come quando racconta il momento più drammatico della vita di Marco chiamandolo «il nostro fratello Marco» e riducendo anche quel momento a una farsa che impedisce di "sentire" il dolore di Marco. La povertà di linguaggio è forse voluta, per rendere la storia una storia qualunque, di tutti i giorni, ma Veronesi, ad un certo punto, riesce persino ad infilarci la "resilienza" e qui esagera proprio.

lunedì 13 luglio 2020

L'Aleph - Jorge Luis Borges (trade. Tentori Montalto)


Non so perché abbia aspettato così tanto prima di leggere Borges. A frenarmi è stato sicuramente il fatto di doverlo leggere tradotto e quindi la consapevolezza di doverlo conoscere attraverso un velo che nasconde le sue scelte lessicali. Ma non è stato solo questo, perché in realtà leggo tantissimi libri tradotti. Forse sono stati una serie di fattori inconsci e di casualità, per cui alla fine ho scelto sempre qualche altro libro. Una delle cose piacevoli della letteratura però è che le lacune si colmano facilmente, basta iniziare a leggere. In questo caso c'è il rischio di non fermarsi più perché questi racconti trascinano nei labirinti dell'esistenza e spesso si deve tornare indietro a rileggere e ripensare quanto si è letto. Sono racconti separati, apparentemente slegati uno dall'altro, ma la sensazione è che raccontino la stessa storia, che siano diverse parti che compongono un gioco di identità che si frammentano, si cercano, si respingono e si ricompongono. Un gioco davanti al quale si resta sorpresi nello scoprire quello che forse si sapeva fin dall'inizio,
Credo che ci si debba tenere sempre un libro, un autore, da scoprire più tardi.