lunedì 14 settembre 2020

Arthur Schnitzler

 Ho comprato "Beate e suo figlio", romanzo breve (o racconto lungo) di Arthur Schnitzler dopo aver letto una recensione molto bella su LLC. 

Attraverso un gioco di maschere, di sovrapposizioni di identità, in cui il passato si rifrange in modi diversi, Schnitzler si addentra nei pensieri di una vedova ancora giovane, in vacanza con il figlio, scoprendo le sue inquietudini, il suo senso di disfatta, in un crescendo di tensione che sfocia in un finale forse inevitabile, che ricorda il capolavoro di Schnitzler, "La signorina Else". 

Considerato da Freud un fratello spirituale, che attraverso la narrativa riuscì ad anticipare alcune sue intuizioni, Schnitzler fu probabilmente il primo scrittore ad introdurre il flusso di coscienza in letteratura. Stefan Zweig notò come le sue opere fossero state superate "per lungo tempo o forse per sempre" dalla prima guerra mondiale. Alla fine degli anni Novanta invece Kubrick trasse un film da "Doppio sogno" e oggi le stesse opere sembrano molto attuali per il profondo senso di straniamento dei personaggi e per la precarietà di una società in bilico sulle incertezze.

Ripensare a Schnitzler in questo periodo mi ha fatto poi venire ancora di più la nostalgia del teatro per quello spettacolo che non ho mai visto e che mi piacerebbe vedere, "Il girotondo", composto da dieci dialoghi tra dieci coppie, in cui uno dei protagonisti di ogni dialogo è anche uno dei protagonisti del successivo.