sabato 2 marzo 2019

Radical chic

Le mode, si sa, passano in fretta. Qualche mese fa c'è stato Berta Isla, l'abbiamo letto quasi tutti, grazie anche alla condivisa di LLC, e ne abbiamo parlato molto anche al di fuori dell'evento, stupendoci del mistero per cui qualcuno lo trova appassionante e qualcun altro noiosissimo. Poi è arrivato Serotonina di Houellebecq, il libro "che ci voleva", quello che dice brutalmente tutte le cose che non abbiamo nemmeno il coraggio di pensare. Un libro che continua a tornarmi in mente, per le affinità con la vita reale, anche adesso, che mi sono rifugiata in un saggio di Piperno su Proust.
Ma nel frattempo Serotonina è già stato sostituito da "Il censimento dei radical chic" di Giacomo Papi. Adesso è questo il libro di cui tutti parlano e che tutti citano. 
La prima volta che ne ho sentito parlare è stato qualche settimana fa su Vanity Fair, in cui era pubblicata un'intervista all'autore, e mi ero un po' infastidita per lo stravolgimento del significato di radical chic, come se i radical chic - poverini - fossero una minoranza di persone di rara cultura e intelligenza, bullizzati proprio per questo da una massa di ignorantoni. Quei radical chic che spesso sbagliano gli apostrofi (e naturalmente deplorano la cafonaggine di chi lo fa notare) ma che si sentono parte di una colta élite, che può guardare dall'alto chi la pensa diversamente. Quelli che da un lato si infastidiscono per la definizione, ma che poi si esaltano perché si sentono davvero chic (è capitato anche sulla mia pagina qualche anno fa). 
Ma non era questo che scriveva Tom Wolfe, il quale, in quanto a cultura, non era certo da meno di Bernstein e di sua moglie. Non è questo quello che sta scritto in quel saggio divertente e nello stesso tempo amaro, che viene da un autore caustico e ironico, capace di osservare il mondo come un giornalista e di scrivere come uno scrittore. Un autore che ha rivoluzionato il linguaggio non solo perché ha inventato i radical chic, ma perché ha saputo guardare il mondo cercando di andare oltre gli specchi deformanti dei luoghi comuni. Sarebbe bello allora che "Il censimento dei radical chic" facesse venire voglia di scoprire da dove viene questa definizione e di rileggere un libro che resta attuale. E forse si scoprirebbe che, oltre ai radical chic e ai cafoni, c'è anche chi è chic davvero.