mercoledì 18 gennaio 2023

Fervore di Buenos Aires - Jorge Luis Borges




«Non ho riscritto il libro.» Inizia così la prefazione all'edizione del 1969 dell'opera prima di Borges, pubblicata nel 1923 e poi rivista e ritoccata molte volte, in un continuo incontro e dialogo tra il ragazzo del 1923 e "il signore che adesso si rassegna o corregge". Sono la stessa persona, ma sono anche due persone diverse, che si incrociano in questi versi, a cui l'autore, in un'altra nota, spiega di aver voluto dare la struttura tracciata da Heine in "Die Nordsee".

Buenos Aires è la protagonista di queste poesie, ma è anche uno stato d'animo, quello dei tramonti, delle ombre, del fatalismo. «A quel tempo, cercavo i tramonti, i sobborghi e l'infelicità; ora cerco i mattini, il centro e la serenità.»


ATARDECERES

La clara muchedumbre de un poniente

ha exaltado la calle,

la calle abierta como un ancho sueño

hacia cualquier azar.

La límpida arboleda

pierde el último pájaro, el oro último.

La mano jironada de un mendigo

agrava la tristeza de la tarde.


El silencio que habita los espejos

ha forzado su cárcel.

La oscuridá es la sangre

de las cosas heridas.

En el incierto ocaso

la tarde mutilada

fue unos pobres colores.


TRAMONTI 

La luminosa turba di un tramonto 

ha esaltato la strada,

la strada aperta come un vasto sogno

verso qualsiasi sorte.

La limpida albereta

perde l'ultimo uccello, l'ultimo oro.

La mano lacera di un mendicante

accresce la tristezza della sera.


Il silenzio che abita gli specchi

ha forzato il suo carcere.

L'oscurità è il sangue

delle cose ferite.

Nell'incerto tramonto

la sera mutilata

fu solo qualche povero colore.


Traduzione di Tommaso Scarano