Di Enrico Brizzi avevo letto "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", il suo primo romanzo, appena era uscito, una vita fa. Mi era piaciuto, ma, per qualche oscuro motivo, non avevo letto più niente di suo.
Quando in libreria ho incrociato "Il matrimonio di mio fratello", l'ho sfogliato, ho letto la trama e ho impiegato qualche tempo prima di comprarlo.
È un romanzo che a tratti fa ridere e a tratti malinconia, un libro da ombrellone, l'ideale per una vacanza, perché la storia è avvincente e non si ha voglia di staccarsi.
Le 528 pagine di questo romanzo scorrono veloci, attraversano la storia del nostro paese e i ricordi di Teo che, mentre sta rientrando da un viaggio di lavoro, con la macchina aziendale e il progetto di una serata in un locale, in cui ogni weekend trova una ragazza diversa, deve invece cambiare programma e andare a cercare suo fratello, scomparso con i due figli, tra le montagne del luogo in cui ha scelto di abitare.
È sempre stato così, Teo è il figlio che non ha mai dato problemi, quello che si è sempre adattato, quello nato per essere un testimone, mentre suo fratello era l'eroe. «Grazie alla sua presenza, invece, era tutto facile: mi bastava seguire con la coda dell'occhio le sue reazioni, e diventavano le mie»
Poi gli anni passano, il contrasto tra le loro vite è sempre più evidente, le parti si invertono nel corso del tempo. «Quando se n'era andato di casa, a vent'anni appena compiuti, l'avevo considerata una liberazione.»
Eppure resta un legame forte e insostituibile, fatto di rabbia, incomprensioni e affetto, il legame che spinge Teo a premere l'acceleratore e dirigersi verso quelle montagne, in cui non è mai stato a suo agio. «Era da lui, che andavo. Dallo stesso bambino con i capelli ricci e gli occhi verdi che mi teneva sveglio da piccolo con le sue storie avventurose. Dall'adolescente che, per tanti anni, mi era sembrato un modello da seguire. Dal ragazzo che aveva fatto ammattire i nostri genitori col suo rifiuto ostinato di scendere a compromessi, e si era opposto in ogni modo ai loro inviti affinché prendesse una strada ragionevole.»