Poco più di un anno fa, quando morì Carlo Vanzina, rividi Via Montenapoleone. L'unica volta che l'avevo visto era stato al cinema, un sabato pomeriggio di molti anni prima. Eppure restai stupita di ricordarlo così bene. Era un film che coglieva l'essenza degli anni Ottanta e il clima che si respirava allora nella mia città. I fratelli Vanzina sono stati così: ci vedevano com'eravamo e ci raccontavano come ci vedevano.
Questo libro mi ha attirato subito. Un po' perché anch'io sono legatissima a mia sorella, un po' perché la scrittura di Enrico Vanzina mi era piaciuta molto in "La sera a Roma". Nonostante una scrittura semplice e essenziale però questo libro è un macigno. Lo si legge velocemente e nello stesso tempo è difficile da digerire. È un libro doppio, come doppie sono le copertine. È il racconto di una vita straordinaria e vissuta fino in fondo, dedicata alla grande passione per il cinema. Nello stesso tempo però è il racconto di un grande dolore, di tutto quello che poteva ancora essere e invece non sarà più.
È un libro insomma che bisogna leggere in quei periodi in cui si ha intorno una spessa corazza di gioia, che non si fa scalfire. Oppure bisogna leggerlo in quei momenti in cui si ha voglia di isolarsi nella malinconia di un autunno appena iniziato.
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