«Non sono mai andata molto volentieri alle feste milanesi, quelle nei locali di moda, dove si incontra ogni sera la stessa gente, sempre lo stesso gruppo, anche se tutte le sere ci si ritrova in un locale diverso.»
Scritto e ambientato nel 1995, dalle prime righe questo romanzo mi è parso molto lontano, eppure è il regalo di un'amica che mi aveva spiegato che l'autrice ha la nostra età e ha frequentato la nostra stessa università. Io e Laura Spotorno Suarez abbiamo vissuto quindi nella stessa Milano e magari ci siamo incrociate più volte, senza vederci, in qualche corridoio. Ma leggendo il suo libro non mi sono sentita trasportata in un passato che ho vissuto anch'io. All'inizio ho pensato che la città e il tempo che descriveva fossero falsi, poi ho realizzato che invece parlava di quello che lei aveva conosciuto, perché la stessa città e gli stessi luoghi possono essere diversi a seconda di chi li vive e di chi li osserva. E ad un certo punto mi sono trovata davanti la frase: «... riflettendo su come in una medesima città possano coesistere mille città diverse, abitate da persone differenti che vivono parallelamente e non si incrociano mai.»
"Uomini in grigio" mi ha fatto conoscere quella città, parallela alla mia, pur essendo sempre la stessa. Un mondo che era accanto a quello in cui vivevo io, ma che non ho conosciuto.
Il mondo di "Uomini in grigio" è quello di una città in cui escono e si incontrano ragazzi che provengono da altre parti e che, ognuno a proprio modo, costruiscono il loro spazio.
Ci ho trovato anche qualcosa che è davvero imperdonabile per chi viene dal mio mondo:
«J. Michael Jackson, Janet Jackson, Joe Jackson. Tutti quei cantanti avevano lo stesso nome, ma l'ultimo è inglese e la sua musica è raffinatissima, a differenza di quella degli altri due che è invece orribile.»
Orribile ho dovuto rileggerlo più volte per crederci.
"Uomini in grigio" non è un capolavoro ma una lettura veloce e piacevole, una storia leggera (forse troppo), che scorre tra discoteche, fughe al lago, messaggi sulla segreteria telefonica, telefoni cellulari guardati con sospetto, nonni e genitori sullo sfondo, lontanissimi. E poi, improvviso, forse troppo presto, arriva un finale inaspettato, che mi ha fatto chiudere il libro pensando: mah!