"Siamo usciti tutti dal cappotto di Gogol", diceva Dostoevskij e in questi giorni mi capita di pensare spesso a Gogol. Un autore a cui non pensavo da tempo, uno scrittore complicato e inquietante, soprattutto nelle "Anime morte" e in "Taras Bulba". Più ironico "L'ispettore generale'.
La sua opera più bella però restano "I racconti di Pietroburgo", quella in cui è più facile trovare lo scrittore visionario che anticipa un altro ucraino, Bulgakov.
Fanno parte di questi racconti "Il naso" e, appunto, "Il cappotto", la storia di Akaki Akakievič, l'uomo qualunque, a cui nemmeno si sapeva che nome dare, l'impiegato destinato ad essere calpestato dal tempo e dalla storia. E poi c'è un racconto bellissimo, "Il ritratto", uno di quei racconti che, anche se letti una sola volta, come ho fatto io, restano in mente per sempre e fanno venir voglia di andare a San Pietroburgo e camminare per l'isola di San Basilio.
E adesso risuonano un po' le parole di Nabokov nel bel libro che gli ha dedicato: "Dobbiamo ringraziare il fato (e la sete di fama universale dell'autore) se non si volse al dialetto ucraino come mezzo di espressione, perché allora si sarebbe perduto."
Nessun commento:
Posta un commento