Una domenica mattina, mentre facevo colazione, ho letto su Io donna la recensione di questo libro, da cui è stato tratto un film presentato a Venezia fuori concorso. Un minuto dopo lo stavo acquistando e non ho sbagliato: è uno di quei romanzi che analizzano i lati oscuri del nostro tempo, quelle "zone grigie" in cui gli stessi eventi vengono vissuti in modo diverso, perché le prospettive sono diverse e diversi sono i punti di partenza, la cultura, l'esperienza, il sesso.
«La deflagrazione estrema, la combustione definitiva, era il sesso, nient'altro - fine della mistificazione...»
Claire e Jean sono un punto di riferimento culturale, lei è una filosofa e saggista impegnata nel campo femminista, lui è un giornalista politico che da anni monopolizza le reti televisive e radiofoniche. Dietro la facciata, il loro matrimonio è finito da tempo e, a parte gli interessi lavorativi, restano legati da Alexandre, il figlio iperprotetto, su cui si sono concentrate le aspettative e le ambizioni dei genitori. Nel momento in cui una ragazza accusa Alexandre di averla violentata, la facciata che Jean e Claire hanno creato crolla, ma crollano anche le loro vite vere, quelle che per anni hanno vissuto all'ombra del loro successo pubblico, all'ombra di una famiglia che forse felice non lo è stata mai.
«Aveva scoperto la distorsione tra i discorsi impegnati, umanisti, e le realtà dell'esistenza, l'applicazione impossibile delle idee più nobili quando gli interessi personali in gioco annebbiano la vista e travolgono tutto quello che costituiva la nostra vita.»
È un romanzo complesso, nonostante la trama semplice; la Tuil dà voce a tutti i personaggi, lasciando emergere le diverse sfaccettature della stessa storia, ma anche le falle giudiziarie, gli ostacoli a un processo equo, quando le sentenze sono state già pronunciate sui social network.
Nessun commento:
Posta un commento