martedì 23 settembre 2008

La Didone

Ero stata alla Scala soltanto un'altra volta, secoli fa, in gita con la classe delle elementari. Non ricordo molto se non un gruppo di bambini un po' annoiati e un po' stupiti, umidicci per la pioggia. Mi regalarono un libro con la storia del teatro e con la spiegazione del nome, dovuto alla chiesa che prima sorgeva lì, Santa Maria alla Scala. Sfogliai molte volte quel libro, mi piacevano soprattutto i disegni e la piazza, dove ancora oggi mi piace arrivare e guardare la statua di Leonardo circondato dai "discepoli".
L'occasione di andare alla Scala con un biglietto superscontato, in un palco centrale, mi ha reso felicissima, nonostante io non capisca niente di opera.
La Scala è un teatro bellissimo, mi sembrava di ricordarla perfettamente ma credo che i miei ricordi non rissalissero a quella mattina di tanti anni fa, quanto piuttosto alle migliaia di volte in cui l'ho vista in televisione o sui giornali.
Entrare in un palco è come entrare in un film del settecento, quando nei palchi dei teatri pare si facesse di tutto fuorché assistere agli spettacoli. Beh, io invece volevo assistere allo spettacolo, anche se non sono un'appassionata di opera, perché un'occasione così non credo mi ricapiterà.
Le seggioline di velluto rosso non sono proprio comodissime ma sembrano rimaste le stesse da quando il teatro ha assistito al suo primo spettacolo e questo le rende più che comode: bellissime.
In contrasto con l'atmosfera e il gusto antico è solo il libretto elettronico, posizionato davanti alle seggioline, bilingue, che cambia schermata automaticamente. Lui sì, però, è molto comodo, perché in un'opera non sempre è facile comprendere le parole. E io che mi ero scaricata da internet il libretto di carta!
I costumi erano bellissimi e Didone gigantesca e imponente anche quando viene lasciata sola, mentre Enea, anche nell'opera, è sempre il solito mollaccione che perde la moglie per strada. Chissà perché questa cosa mi ha sempre dato sui nervi.
Il figlioletto Ascanio era in realtà una donna, piccola e agile.
La vecchietta nel nostro palco, accompagnata dalla figlia e probabilmente grande estimatrice dell'opera, era entusiasta e applaudiva fino a farsi male alle mani. Si è perfino scusata perché aveva il raffreddore e ogni tanto starnutiva. In realtà noi non avevamo sentito uno solo dei suoi starnuti e lentamente, dopo le prime due ore, quando abbiamo iniziato ad esaurire ogni angolo da guardare, abbiamo iniziato ad avvertire tutta la stanchezza del lunedì e anche quella della settimana appena iniziata, che si è unita al peso della nostra ignoranza assoluta in materia di opera.
La Scala, dicevo, è un teatro bellissimo, grandioso e antico, i cantanti sono perfetti, riescono a rendere l'essenza e la profondità dei personaggi, aiutati anche dai costumi fiabeschi. Ma per chi non capisce niente di opera, quattro ore sono veramente tante...

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