«È una febbre, un delirio. Che cosa? La vita, che diamine: fever called living; e, come la febbre, oscura. Accenna talvolta ad alcunché di filato, sembra proporre uno svolgimento e una conseguenza, ma son momenti.»
Un romanzo breve, poco più di cento pagine, una prosa ricca, che ricostruisce un'atmosfera gotica, fatta di chiaroscuri, come i racconti di Edgar Allan Poe.
La storia è quella di un incesto, una storia difficile, disturbante, eppure inevitabile. O forse è anche la ricerca dell'Io, lo sdoppiamento e la rifrazione dell'identità. Ma soprattutto c'è la ricerca di una felicità a portata di mano e irraggiungibile.
«Malgrado le tue fiacche ironie, il fatto è implicito! Il nostro egoismo, dico, non riguarda e non può riguardare gli altri, bensì, lo ripeto, noi stessi: cioè il nostro morso su una realtà concepibile (a fatica), su un eventuale altro da noi (altro e non: altri). O, poniamo magari: io, o noi, o noi in uno, siamo qui e siamo noi, e da un tale noi può dipartirsi qualcosa di benefico...»
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