mercoledì 6 giugno 2018

Estate

Oggi ho voglia di parlare di estate. So che, tecnicamente, non è ancora iniziata, e quindi ci sta che a Milano faccia ancora freddo e che, alzando la tapparella, non mi trovi davanti il sole caldo che aspettavo, ma un'altra giornata nuvolosa. Eppure per me l'estate non è mai iniziata il 21 giugno. Per me l'estate inizia alla metà di maggio, quando non sopporto più i vestiti scuri e invernali, le scarpe pesanti. Quando ho voglia di serate all'aperto, di cene fuori, in cui ogni tanto arriva qualche pezzo di conversazione dei bambini del piano di sotto e sorridiamo, ripensando ad altre conversazioni, ad altre estati. 
Forse perché si passa più tempo fuori, l'estate è una stagione intensa, una stagione in cui spesso, quando finisce, ci si ritrova un po' diversi. Credo che per tutti ci sia stata qualche estate in cui abbiamo perso qualcosa di noi. Dopo siamo cresciuti, diventando sempre più simili alle persone che siamo oggi, ma dentro è rimasta una vaga nostalgia per tutto quello che sarebbe potuto essere e non è stato.
E allora mi viene in mente una poesia di Fernanda Pivano che credo esprima proprio questo senso di nostalgia. In fondo anche lei se ne andò in un giorno d'estate, la notizia della sua morte mi raggiunse su una spiaggia di Maiorca.

MORTE DI UNA STAGIONE
Piovve tutta la notte
Sulle memorie dell'estate.
Al buio uscimmo
Entro un tuonare lugubre di pietre
Fermi sull'argine reggemmo lanterne
A esplorare il pericolo dei ponti.
All'alba vedemmo le rondini
Sui fili fradici immote
Spiare cenni arcani di partenza
E le specchiavamo sulla terra
Le fontane dai volti disfatti. 


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