A partire dal titolo, preso da un verso di Anna Achmatova, questo romanzo è come una lunga poesia, in cui ogni parola sembra essere stata scelta con cura, per evocare i toni sfumati dei ricordi. Mi ha fatto però pensare anche a Nabokov e al modo in cui arrotolava il suo «tappeto magico, così da sovrapporre l’una all’altra parti diverse del disegno». I ricordi emergono infatti in modo discontinuo, sovrapponendosi e modificandosi. Sono ricordi di guerra, del sottobosco dei cospiratori, di un ragazzo che ha perso troppo presto la madre, di un'infanzia finita bruscamente, di un tradimento. Sullo sfondo c'è Venezia, una Venezia scura e sempre un po' nascosta, ma ci sono anche i tragitti in barca e le letture di Tolstoj. Ci sono due amici, prima che la loro amicizia si spezzi.
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