«Non ho riscritto il libro.» Inizia così la prefazione all'edizione del 1969 dell'opera prima di Borges, pubblicata nel 1923 e poi rivista e ritoccata molte volte, in un continuo incontro e dialogo tra il ragazzo del 1923 e "il signore che adesso si rassegna o corregge". Sono la stessa persona, ma sono anche due persone diverse, che si incrociano in questi versi, a cui l'autore, in un'altra nota, spiega di aver voluto dare la struttura tracciata da Heine in "Die Nordsee".
Buenos Aires è la protagonista di queste poesie, ma è anche uno stato d'animo, quello dei tramonti, delle ombre, del fatalismo. «A quel tempo, cercavo i tramonti, i sobborghi e l'infelicità; ora cerco i mattini, il centro e la serenità.»
ATARDECERES
La clara muchedumbre de un poniente
ha exaltado la calle,
la calle abierta como un ancho sueño
hacia cualquier azar.
La límpida arboleda
pierde el último pájaro, el oro último.
La mano jironada de un mendigo
agrava la tristeza de la tarde.
El silencio que habita los espejos
ha forzado su cárcel.
La oscuridá es la sangre
de las cosas heridas.
En el incierto ocaso
la tarde mutilada
fue unos pobres colores.
TRAMONTI
La luminosa turba di un tramonto
ha esaltato la strada,
la strada aperta come un vasto sogno
verso qualsiasi sorte.
La limpida albereta
perde l'ultimo uccello, l'ultimo oro.
La mano lacera di un mendicante
accresce la tristezza della sera.
Il silenzio che abita gli specchi
ha forzato il suo carcere.
L'oscurità è il sangue
delle cose ferite.
Nell'incerto tramonto
la sera mutilata
fu solo qualche povero colore.
Traduzione di Tommaso Scarano