Questo libro non avevo voglia di leggerlo e l'ho evitato per tutta la vita, girandogli intorno ma da lontano. Poi è stato scelto per la lettura condivisa di LLC e allora ho pensato che fosse venuto il momento.
È un libro terribile, lucido e perfino ricco di ironia, ma è anche un libro molto bello e, cosa che non avrei mai pensato, un libro che si legge volentieri. Racconta l'orrore ma in modo sobrio, composto, senza vittimismo. Racconta la disumanizzazione e forse questo è il lato più tragico: la totale mancanza di solidarietà (tranne rarissime eccezioni) tra i prigionieri del campo, un luogo in cui «ognuno è disperatamente ferocemente solo». Nessuno aiuta gli altri perché solo chi è più forte può mantenere qualche contatto con i capi e avere una speranza di sopravvivere.
«Soccombere è la cosa più semplice: basta eseguire tutti gli ordini che si ricevono, non mangiare che la razione, attenersi alla disciplina del lavoro e del campo.»
Mentre leggevo, pensavo che, anche senza Auschwitz, Primo Levi sarebbe diventato un grande scrittore e mi piaceva pensare a quello che avrebbe scritto se avesse avuto una vita diversa. Nell'appendice invece scrive: «se non avessi vissuto la stagione di Auschwitz, probabilmente non avrei mai scritto nulla. Non avrei avuto motivo, incentivo, per scrivere: ero stato uno studente mediocre in italiano e scadente in storia, mi interessavano di più la fisica e la chimica, ed avevo poi scelto un mestiere, quello del chimico, che non aveva niente in comune con la parola scritta. È stata l'esperienza del Lager a costringermi a scrivere: non ho avuto da combattere con la pigrizia, i problemi di stile mi sembravano ridicoli, ho trovato miracolosamente il tempo di scrivere pur senza mai sottrarre neppure un'ora al mio mestiere quotidiano: mi pareva, questo libro, di averlo già in testa tutto pronto, di doverlo solo lasciar uscire e scendere sulla carta.»
La sua è una testimonianza forte proprio perché non è abbellita ma nemmeno resa grottesca dalla voglia di stupire. E proprio questo stupisce: la banalità e la facilità con cui l'umanità è scivolata nell'abisso. È nelle primissime pagine che questa semplicità appare subito agghiacciante, quando si scopre che qualcuno si era consegnato spontaneamente, spinto dalla disperazione e dalla mancanza di mezzi, oppure «per mettersi in ordine con la legge».