Joyce Carol Oates scrive tantissimo e sfortunatamente alcuni tra i suoi libri più belli non sono stati tradotti in italiano. Non so quale sarà il destino di questo romanzo, uscito la scorsa primavera, ma so che è uno dei suoi migliori. La Oates infatti dà il meglio quando esplora la complessità dei rapporti familiari, la difficoltà delle loro dinamiche, le incomprensioni e i rancori che serpeggiano tra persone che vivono sotto lo stesso tetto.
La protagonista qui è Violet Rue, l'ultima nata in una famiglia numerosa, che ruota attorno alla figura carismatica del padre, un uomo forte e ancora bello, orgoglioso dei suoi sette figli, della casa che ha dato alla sua famiglia, incurante delle ragnatele di vene che percorrono le gambe di sua moglie, del suo corpo sformato dalle troppe gravidanze, perché fuori casa trova la giovinezza e la bellezza che lei ormai ha perso.
Violet ama suo padre e soprattutto ama i due fratelli maggiori, ma una notte un ragazzo nero viene ucciso, mentre torna a casa in bicicletta. Gli indizi portano ai due fratelli, a quello che Violet ha visto quella notte. Basta poco per rompere il patto di sangue, il tacito muro di silenzio e protezione che ha creato il padre. Violet si ritrova fuori dalla famiglia, rifiutata dalle persone che più ama ma che ha tradito. Un topo, una spia. Il romanzo è la storia del suo vagare da una città all'altra, da una scuola all'altra, da un uomo sbagliato all'altro, con il solo pensiero di tornare a casa, senza poterlo fare.
È un romanzo duro, che parla di rapporti ruvidi, di un'infanzia violata, di una ragazza che non riesce a liberarsi dal retaggio di una famiglia che l'ha estromessa. Una famiglia spezzata e dilaniata dalle bugie, dai debiti, dal rancore. Perché forse non basta avere lo stesso cognome e gli stessi genitori per essere davvero fratelli.