Qualche sera fa ho finito finito di leggere "Giochi di società" di Dorothy Parker, autrice di cui avevo letto qualche racconto trovato nelle riviste da ragazzina, oltre alle poesie, lette un po' ovunque.
A esser sincera, di questo libro mi aveva attirato più che altro la copertina con un quadro di Vettriano, poi era subentrato il ricordo di donnine con vestitini e cappellini e la sensazione della lama fredda di un coltello che tagliava l'atmosfera. Così ho acquistato il libro, nonostante non ami le traduzioni dall'inglese, che mi tolgono il gusto di sapere come realmente sia stato scritto.
Ho ritrovato le donnine, con i loro vestitini e i loro cappellini, e anche i loro mariti, impeccabili negli smoking (o tuxedo o come si voglia chiamarli), specchio di un'epoca che voleva apparire soddisfatta e compiaciuta di se stessa, un'epoca volta a nascondere lo sgretolamento di quello che stava sotto. Ma soprattutto ho trovato la lama del coltello, che, raschiando la patina superiore, mette a nudo proprio quello sgretolamento, con la semplicità di chi lo conosce bene e conosce bene anche l'ironia. Che è ben altra cosa dallo sghignazzare a gola spiegata, con cui viene molto spesso confusa.
lunedì 3 febbraio 2014
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