«A tratti un lupo ringhia nel mio sangue. E quando lo fa, uccido. Boris è il mio nome. Vivo d'inganno e di rapina. Scaltro, ricco, temuto, sono nato dall'altra parte del mare, a Candia, da madre bulgara. Mio padre aveva pecore e capre e l'aria mansueta di chi vive del suo, ma la notte svaligiava le case dei mercanti.»
Boris da Candia, che sul polso porta i segni del lupo e nel sangue il suo respiro, è un umanista appassionato di Tacito, ma anche un soldato dell'esercito dell'ombra. Nel 1480, quando a Venezia è appena finita la peste, la storia di Boris si incrocia con un fatto realmente avvenuto, la condanna a morte di tre uomini ebrei, accusati dell'uccisione di un bambino scomparso. Mentre sullo sfondo si consumano le impiccagioni e le lotte tra gli amanuensi e i tipografi, il frate francescano Bernardino da Feltre solleva l'odio del popolo contro gli ebrei, per sostituire i loro banchi dei pegni con quelli del Monte di Pietà.
Durante le sue indagini nelle notti veneziane, tra bordelli e carceri, Boris inizia a vedere qualcosa che ha sempre evitato di guardare.
«... ho avuto l'impudenza di credermi un soldato che agisce per il bene comune, ma chi sa mai qual è questo bene in nome del quale si commettono crimini che poi ci si vergogna a menzionare.»
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